venerdì 9 maggio 2014

Avvocate si diventa, non con “presunzione di competenza”: Ilaria Li Vigni e le tre R


Quel che differenzia un programma culturale da una lista di eventiè un progetto,
un discorso “storico”. E il Collegio Nuovo lo fa… daquel dì della
fine degli anni Settanta.
«L’incontro di questa sera si inserisce nella linea di quellopromosso il dicembre scorso con la giudice Paola Di Nicola del Tribunale di Roma»avverte la Rettrice Paola Bernardi, nell’introdurre Ilaria LiVigni, “rockstar”(lo dice l’interessata, lo riscontra il pubblico per la suavivacità sul palco) eAvvocata (con la “a”, sottolinea orgogliosa per la declinazioneavallatadalla Crusca), autrice appunto di Avvocate. Sviluppo eaffermazione di unaprofessione (FrancoAngeli).
Accanto alla penalista Li Vigni, chi ha iniziato la
sua carriera di pubblicazioni accademiche con il medesimo Editore
milanese: la Professoressa Mariella Magnani, ordinario di Dirittodel Lavoro
dell’Università di Pavia, che ha all’attivo, a partire dal quel primovolume
sulla mobilità interaziendale, numerosi lavori in materia didiritto sindacale,
del lavoro e della previdenza sociale. Volumi che si affiancano a
responsabilità editoriali assunte negli anni, anche a livellointernazionale, e
a responsabilità di cariche in diverse Commissioni, tra cui quelladel
Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per dire che di professione,
oltre ad esercitarla per il Foro di Pavia, se ne intende puresotto il profilo
giuridico, eccome.
Con loro, una professionista del diritto societario, di casa alCollegio Nuovo
anche se esercita nel Foro di Milano, città dove vive: l’AlumnaBarbara De
Muro, che oltre ad essere componente del Consiglio diAmministrazione del
Collegio, dalla medesima istituzione ha tratto la sensibilità e lacompetenza,
tutte naturali e implicite nello stile collegiale, per a sua voltaassumere la
responsabilità di un progetto all’interno di ASLA – AssociazioneStudi Legali
Associati. Un progetto chiamato “Women on Board”: ma di questo,poi.

Torniamo a Ilaria Li Vigni, che al Collegio Nuovo fa tappa dopo unincontro
pubblico alla Biblioteca del Senato e prima di una tavola rotondacon…
Paola Di Nicola.
Articoli determinativi e declinazioni femminili a parte, sonostate davvero
significative le ospiti in Collegio nell’ambito giuridico, apartire da Elena
Paciotti, nel 1995, prima donna entrata nel Consiglio Superioredella
Magistratura e anche Presidente dell’Associazione NazionaleMagistrati, per
proseguire con Fernanda Contri, nel 1999, prima giudice donnadella Corte
Costituzionale sino ad arrivare, una dozzina di anni dopo, aSilvana Arbia,
Registrar della Corte Penale Internazionale dell’Aja: tutte, comel’Avvocata
Li Vigni, Presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordinedegli Avvocati
di Milano, per dare una testimonianza alle studentesse che puntarein alto
(e arrivarci), lavorando sodo e non tirandosi indietro, si può.Pavia peraltro
può vantare il primato di avere due donne laureate inGiurisprudenza ai
vertici delle principali istituzioni statali: la Prefettura, conPeg Strano e la
Questura con Ivana Petricca, presente nel pubblico all’incontroaccreditato
dall’Ordine degli Avvocati di Pavia. Un Ordine, va ricordato,presieduto da
Roberto Ianco e che annovera tra i Consiglieri Cinzia Lucconi (conlei, si
arriva a un terzo di presenza femminile in Consiglio).

Precisazione che non suoni pedante, perché è proprio dai numeri che Ilaria
Li Vigni parte, per dare un quadro della situazione attuale. Seinfatti le
avvocate sono arrivate al 46% di presenza nell'albo professionale,ben
diverse sono le percentuali quando si parla di rappresentanzanelle
istituzioni forensi: 15 Presidenti donne su 165 Ordini forensi esolo 2
Consigliere su 26 al Consiglio Nazionale Forense. Il volume di LiVigni si
chiude con una ricca serie di interviste che, come dice bene l’autrice,sono
«lo svolgimento del numero».
Anche l’incontro polifonico in Collegio è lo svolgimento di queinumeri,
come testimoniano i numerosi interventi dal pubblico, a partiredalla
candidata “sindaca” Cristina Niutta che, pur contro il parere dimolti suoi
sostenitori, ha voluto declinare al femminile anche la carica percui
compete.
Partendo dalla consapevolezza dell’importanza dell’introduzionedelle
quote di genere (per qualcuna, obtorto collo) promossadalla Legge
Golfo-Mosca, Li Vigni maliziosamente avverte, in risposta all’intervento
dell’Alumna e collega Helga Zanotti: «Si parla di genere meno
rappresentato, chissà che nel tempo le cose non cambino e se ne
avvantaggino anche gli uomini».
Prima di allora, c’è un grosso lavoro da fare per tutti, avvocatie avvocate:
ridisegnare, anzi riqualificare, il loro ruolo, in unmercato confuso, come
quello italiano in cui il rapporto tra avvocati e popolazione è1:200, una
sproporzione, con numeri ben inferiori, peraltro persino giàavvertita negli
anni Venti del secolo scorso da Piero Calamandrei con lapubblicazione
dell’opuscolo Troppi avvocati.
Per la donna il discorso del ruolo (la prima delle tre R di cuiparla Li Vigni) è
ancora più forte, proprio per una sorta di “presunzione dicompetenza”,
secondo la felice definizione della sociologa Mirella Giannini,collega di Li
Vigni che collabora con l’Università di Milano nell’ambito dellaSociologia
del diritto e del lavoro.
Alla donna, infatti, è associata l’idea di “cura”: una ideaambivalente, che
se da una parte esalta prerogative che possono dare un valoreaggiunto
all’esercizio della professione, dall’altra possono orientare
preventivamente (quindi proprio per “presunzione” e secondo un
meccanismo di “segregazione orizzontale”) le donne verso unsettore del
diritto (diritto di famiglia, tutela dei minori…) piuttosto che unaltro (diritto
societario, bancario….). Di più, sempre l’idea della cura, quasiintroiettata
nell’universo femminile, porta a esercitare la professionepensando
all’assistito più in termini di persona che di cliente. Questo puòcertamente
dare una marcia in più, ma è altrettanto pericoloso proprio se sipensa alla
seconda delle R esaminate da Li Vigni: reddito.
Il reddito, per le donne, come rileva anche la ProfessoressaMagnani, ne
soffre sensibilmente: le donne avvocato guadagnano meno rispettoagli
uomini (il divario sembra attestarsi addirittura sulla metà). Questoè dovuto
da una parte proprio perché impiegate in settori meno remunerativi- per
cui si veda la segregazione di cui sopra - e dall’altra perchéfaticano a
chiedere il compenso ai propri assistiti che prendono in carico…di cura
((Women don’t ask, era il titolo di un bestseller diqualche anno fa).
Mormorii dalla platea sembrano non considerare remota anche questa
seconda ipotesi, mentre Li Vigni ammonisce: «La “passione” per ilproprio
lavoro va legata al “profitto”: il cliente non va curato, vaaccompagnato»;
allo stesso modo, riferendosi all’intervista a Paola Severino(primo
Guardasigilli donna), ne ricorda una delle prime soddisfazioni daavvocato
“titolare” di uno studio, quella di poter pagare i suoicollaboratori.
Il vero vulnus, tuttavia, resta la terza R, quella della rappresentanza.
Se è passato oltre un secolo dalla sentenza (da non dimenticare,come
riportata nella postfazione di Celestina Tinelli) con cui ilTribunale di Torino
respinse la richiesta di Lidia Poët di esser iscritta all’Albo degliAvvocati (ma
lei poi, a 65 anni, la spuntò!), e se è passato poco più di mezzosecolo
dall’ammissione delle donne alla magistratura, di strada, abbiamovisto, ne
resta ancora da fare.
In tutte le stanze dei bottoni, precisa Mariella Magnani, chericorda però
che la recente (2013) obbligatorietà della costituzione diComitati di Pari
Opportunità (CPO) nei Consigli dell’Ordine può portare ad alcunirisultati.
Ne è esempio il precedente Protocollo di intesa con il Tribunaledi Milano, il
primo ad ampio raggio con tutti gli uffici giudiziari eamministrativi (2011),
con cui si dispone che l’organizzazione dell’attività forense siimpegna a
“tutelare la genitorialità”, il che può costituire “motivo dirinvio
dell’udienza o di trattazione del processo ad orario specifico”.
Ilaria Li Vigni è un esempio di rappresentanza in diversi CPO,anche nel
Consiglio Nazionale Forense. Da quella posizione e facendo retepuò
certamente contribuire alla messa in campo di strategie per l’investimento
delle donne in rappresentanza, innescando un circuitovirtuoso per cui quel
46% di presenza effettiva in un ruolo (riqualificato) dell’avvocaturageneri
percentuali migliori anche a livello di rappresentanza.
Per ottenere tale incremento qualitativo e quantitativo, tuttesono
consapevoli dell’importanza di saper fare rete. Su questo èpositiva Barbara
De Muro, consigliere di ASLA, che annovera quasi un centinaio di “boutique
del diritto” nazionali con forma associata, e responsabile di “Womenon
Board”, progetto che si ispira all’iniziativa di ProfessionalWomen
Association, Fondazione Bellisario e Valore D: “Ready-for-BoardWomen”.
Se quest’ultima iniziativa intende, dal 2009, stilare e aggiornareuna lista di
curricula eccellenti di donne che possono entrare nelle stanze deibottoni,
“Women on Board”, esamina, fra l’altro, la collocazione gerarchicadelle
donne negli studi legali associati. Il risultato, ora, è unapiramide che inizia
con una base rosa e vira verso la punta con una sfumaturadecisamente
sempre più azzurra. Da stagisti a partner la strada è lunga, ildiscrimine più
netto si avverte nel passaggio a Equity Partner, laddovepartecipano agli
utili.
Tuttavia, la slide con i volti luminosi di numerose donne di ASLAsembra
promettere uno stile nuovo di leadership che alla capacità dianalisi unisce
la sensibilità per il clima organizzativo, punti di forza delledonne,
sottolinea De Muro in risposta a una sollecitazione della collegaAlessandra
Rosa. Uno stile che con la determinazione e il sorriso trova mododi tenere
insieme passioni per gli interessi più diversi e famiglieimpegnative, dribbla
piramidi e triangoli delle Bermuda. E, una volta al vertice, ocomunque più
in alto, non si arrocca, ma è capace, come incoraggiava FernandaContri nel
ricordo di Zanotti quando era studentessa in Collegio, di “rimandare
indietro l’ascensore”.
Avanti il prossimo. Pardon, la prossima, dunque.
Sul palco del Collegio Nuovo, per cominciare, quella sera, ma nonsolo, non
sono mancate molte Alumnae. E Pavia (dove si è laureata in Italiala prima
donna in Giurisprudenza, ricorda la Rettrice), può essere un buonpunto di
partenza, e, magari anche di ritorno.
Ilaria Li Vigni intanto ce l’ha promesso: tornerò.

Saskia Avalle
Coordinatrice Attività Culturali e Accademiche
Collegio Nuovo – Fondazione Sandra e Enea Mattei

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