venerdì 21 febbraio 2014

La lunga strada delle avvocate...

Di strada, dal primo dopoguerra, le avvocate ne hanno fatta davvero tanta. E le donne, un tempo pressoché assenti nell'Avvocatura, stanno ormai raggiungendo la parità sul piano numerico. Ma non altrettanto su quello sostanziale. Nonostante l'indubbia rivoluzione sociale avvenuta a partire dalla seconda metà del Novecento, le donne delle professioni, avvocate comprese, non hanno ancora conquistato pienamente i loro diritti, né sono riuscite a sfondare il tetto di cristallo. Ne è la prova la fotografia dell'avvocatura al femminile, raccontata in Avvocate, sviluppo e affermazione di una professione (Franco Angeli editore) da Ilaria Li Vigni, penalista milanese, da tempo impegnata per il raggiungimento delle Pari opportunità sia sul fronte delle istituzioni che su quello universitario e della ricerca.  Sulla base dell'ultimo rapporto del Censis 2009/2010, ma non solo, Li Vigni scandaglia la presenza delle donne nell'avvocatura e, descrivendone il cammino compiuto negli ultimi decenni, analizza la realtà contemporanea con un occhio alle normative vigenti in materia di garanzia di genere e alla loro evoluzione nel tempo.
 Le avvocate (la femminilizzazione del termine ha il conforto dell'Accademia della Crusca e la scelta ha il significato dell'affermazione di un diritto di genere) sono attualmente in Italia 122.000 su 247.000, quasi il 50% del totale. E il trend di crescita numerica è sempre maggiore, stante che il 60% dei giovani laureati in giurisprudenza sono attualmente
donne. Dati, sottolinea Li Vigni, che rappresentano una vera e propria mutazione culturale e professionale, se si pensa che, ancora nel 1982, le avvocate toccavano appena il 6% del totale.
 Ma se la parità numerica è ormai raggiunta non altrettanto si può dire della posizione e dei ruoli che le avvocate hanno all'interno della categoria. Non guadagnano quanto i loro colleghi maschi, non diventano socie di studi prestigiosi in modo adeguato al merito e non riescono ad entrare adeguatamente negli organismi di rappresentanza.
 Insomma, per una reale pari opportunità di realizzazione, resta ancora molto da fare. E, per andare avanti, Ilaria Li Vigni propone soluzioni concrete, fiduciosa che sia necessario lavorare sulle cause della disparità. Ecco allora, accanto ai dati che denunciano l'oggettiva disparità sostanziale, i suggerimenti per cambiare e per incentivare in vari modi l'avvocatura al femminile e per potenziare le loro capacità di ascolto e mediazione finalizzate alla professione. A testimonianza dello sguardo positivo proposto nel suo saggio, l'autrice ha inserito nel libro numerose testimonianze raccolte dalla viva voce di avvocate di prestigio, dall'ex ministra Paola Severino a Doriana Martini, a Cinzia Calabrese, Carla Guidi e molte altre. Avvocate di successo, soddisfatte del loro lavoro, voci positive per andare avanti.

Avvocata, una professione ormai molto popolare fra le donne, come spiega la rapidità con cui è aumentato il loro numero?

Oggi la presenza delle donne nelle professioni giuridiche è decisamente aumentata, ma è bene ricordare come essa rappresenti una conquista ottenuta faticosamente a partire dal dopoguerra.
Il numero delle avvocate è aumentato lentamente a partire dagli inizi degli anni Ottanta, ma è dagli inizi degli anni Novanta che si evidenzia un crescendo esponenziale della presenza femminile nell’avvocatura.
In particolare, presso l’Ordine degli Avvocati di Milano, su 20000 iscritti all’Albo, 10500 sono uomini e 9500 donne, con queste ultime in costante annuale crescita e prossime al “pareggio numerico”.
Spiego la rapidità con cui è aumentato il numero di donne avvocate – mi piace chiamarle così, con un “femminile professionale” riconosciuto anche dall’Accademia della Crusca! - con un vivo interesse delle giovani per le materie giuridiche e con una indubbia competenza delle donne in materie, quali il diritto, in cui precisione, abnegazione e spirito di servizio sono davvero fondamentali per lo studio e la riuscita nella professione. Il numero delle avvocate è in crescita, insomma e molte di loro sono indubbiamente brave!


La radiografia della professione al femminile in poche righe....

La distribuzione dei ruoli e delle posizioni all'interno del sistema di potere in generale, e quindi anche nel mondo della professione forense, tende ancora oggi a valorizzare, spesso indebitamente, la componente maschile.
Infatti, nonostante sia dato ormai acquisito, statistico e di esperienza, che le donne conseguano risultati più elevati nello studio e nella formazione, tuttavia le stesse non ottengono altrettanti successi nell’attività professionale: in media accettano più bassi livelli di compenso e approdano più difficilmente a posizioni di partnership nelle realtà professionali.
Basti pensare che in Italia, e in specifico con riferimento a dati dell’ordine degli Avvocati di Milano, solo il 30% delle avvocate - a fronte del 70% degli avvocati - è socia o titolare di uno studio legale: lo ritengo un dato molto significativo.
Inoltre le avvocate si specializzano molto spesso in materie di scarso ritorno economico, quale il diritto di famiglia ed il diritto minorile, rimanendo così confinate in ruolo di “aiuto sociale” di certo importante, ma decisamente limitante per quanto riguarda il reddito, come chiarirò successivamente.


Come spiega che, nonostante il merito, le avvocate abbiano un reddito inferiore ai colleghi maschi?

Lo spiego proprio con questa settorializzazione delle competenze femminili e con quella che viene chiamata dai sociologi la “segregazione verticale” che confinale donne professioniste in un ruolo perlopiù subordinato e salariato all’interno dell’avvocatura.
Ma si pone anche il problema della “rappresentanza” delle avvocate. I dati recenti del Consiglio nazionale forense sono abbastanza allarmanti: riferiscono la presenza di soli 15 presidenti, 43 segretarie e di 45 tesoriere e di circa 500 consigliere nei Consigli degli ordini avvocati in Italia, di 10 delegate alla Cassa forense e di due avvocate tra i consiglieri del Consiglio nazionale forense.
Pertanto,anche sotto il profilo della rappresentanza delle donne nelle istituzioni forensi dell’avvocatura, si deve registrare il dato secondo cui le donne, pur avendo un alto grado di preparazione e professionalità, non riescono ad entrare nelle stanze dei bottoni e vengono in genere escluse dai luoghi e ruoli di potere e di rappresentanza.
Questo deficit di ruolo e di rappresentanza non può che cagionare un gap reddituale evidente: bisogna quindi lavorare sulle cause per risolvere il problema.


Tratto dall'intervista di Repubblica a Ilaria Li Vigni

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